mercoledì 26 marzo 2008

Luci ed ombre della 194


Da medico e ricercatore non posso che avere una mentalità scientifica, sono laico, voto a sinistra, sono contrario all’aborto ma favorevole alla legge 194. Sembrerebbe una contraddizione, ma non lo è. Il problema dell’aborto tocca un terreno di nessuno, dove non si sa se quel gruppetto di cellule sia vita o solo un progetto di vita, dove a seconda della fede e della religione ci possa essere un soffio vitale ed un’anima o solo una energica moltiplicazione cellulare: un momento di difficile interpretazione, dove si scontrano ideologie ed interpretazioni. Proprio per questo credo che la legge non debba toccare problemi di fede, ma solo assicurare a chi ne ha bisogno un supporto medico civile ed imparziale. Invece, soprattutto in questi ultimi tempi, si assiste ad una campagna violenta ed incivile contro le donne che decidono di interrompere una gravidanza. Quali ne siano le cause alla base della decisione, sono questioni prettamente personali, dove solo la donna ne conosce le intime ragioni, ne paga le conseguenze sulla sua pelle, ne porterà il ricordo per tutta la vita. Ciò che sconcerta, è che la maggior parte degli interlocutori è di sesso maschile, che, a meno di sorprese biologiche, non dovrebbe avere grande dimestichezza con questo aspetto della vita, eccetto che per quella spruzzatina di spermatozoi responsabile del misfatto. Non parliamo poi della vociante congrega religiosa, che, volontariamente messo da parte il sesso in giovane età, poi ne parla con cognizione di causa in ogni momento e luogo. Le donne, soprattutto in quel frangente, meritano ben altro rispetto e considerazione. Vorrei anche sottolineare che personalmente sono contrario al fatto che non si possa interrompere una gravidanza in una clinica privata, che può essere convenzionata con il SSN, oltre che in una struttura pubblica, per una più rapida soluzione e con maggiore privacy. Non dimentichiamoci delle infermiere che gridano nei corridoi degli ospedali “Venga avanti la donna che deve abortire!” o della crudeltà di ricoverarla nella stessa stanza dove una madre ha appena partorito con neonato, parenti, amici e regali vari. Un altro aspetto della legge che va stigmatizzato è la presenza di strutture cattoliche, i CAV, che cercano di convincere l’infelice a cambiare idea. Sarebbe meglio se ci fossero strutture laiche governative che potessero offrire in caso di necessità, lavoro, assistenza e aiuto concreto.
Questo succede nei paesi civili, non nella cattolicissima Italia.

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