domenica 23 marzo 2008

Il giudice quantistico


L’homo sapiens ha sempre attribuito ad un evento naturale una causa di cui l’evento era l’effetto:ciò è stato per centinaia di anni alla base delle nostre esperienze e ci ha permesso di guardare al mondo ed al succedersi dei fatti con sicurezza e tranquillità.
Il colpo mortale all’ordinata percezione del nostro universo ed alla sua descrizione è stato portato dalla meccanica quantistica: quando osserviamo il mondo dell’infinitamente piccolo (atomi, elettroni, quanti ) dobbiamo rinunciare all’abituale e rassicurante rapporto tra causa ed effetto.
Nel mondo che ci circonda siamo abituati a descrivere un oggetto in base alla sua posizione ed alla sua velocità: se debbo calciare una palla devo calcolare momento per momento questi due parametri.
Ma non sempre è così: nel mondo degli atomi la meccanica quantistica mi dice che devo scegliere o la posizione o la velocità, tutte e due insieme non possono essere determinate ed il comportamento di una particella diventa imprevedibile: cade quindi quel nesso di causalità che era alla base della fisica classica.
Nasce così il principio di indeterminazione e con esso la separazione tra chi osserva l’evento e l’accadimento dell’evento.
Nonostante quello che si dice sull’arretratezza e sulla lentezza della nostra giustizia, debbo con piacere costatare che anche in questo campo abbiamo personalità all’avanguardia, che si muovono alla velocità della luce ed imprimono una accelerazione al pensiero giuridico.
Ho notato una certa analogia tra il mondo delle particelle e quello dei giudici della procura di Bari: anche qui non ho trovato un nesso di causalità tra impianto accusatorio ed analisi scientifica dei fatti accertati con le indagini; anche qui vige il principio di indeterminazione, le indagini possono andare da una parte o dall’altra; anche qui esiste uno scollamento tra ipotesi di lavoro ed eventi osservati; anche qui la particella infinitesimale (il Pappalardi) può avere commesso il fatto oppure nò.
L’importante è avere l’indagine, quanto più mediatica, con una attrazione gravitazionale degna di un buco nero astrofisico.
Abbiamo trovato l’Heisenberg dei giudici.

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